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Lecce: Barocco Festival. Al Paisiello Sogno di Burney

La XXV edizione del “Barocco Festival Leonardo Leo” fa di nuovo visita a Lecce con l’azione musicale-teatrale “Il Sogno di Burney”, da un’idea di Raffaella Ambrosino e con l’ensemble strumentale “Maria Malibran”, in programma sabato 1 ottobre, alle ore 21, al Teatro Paisiello. Il lungo viaggio che Charles Burney intraprese nel 1770, alla volta dell’Italia e di Napoli, rivive attraverso le inquietudini teatrali di un capocomico chiamato a mettere in scena le atmosfere di quell’impresa. Biglietti disponibili nel luogo del concerto. Ticket euro 5 – Info T. 347 060 4118.

Charles Burney era un compositore e organista inglese di quarantaquattro anni, addottorato a Oxford, seriamente intenzionato a scrivere una grandiosa storia della musica, “A general history of music”, il cui primo volume sarebbe uscito sei anni più tardi. Per svolgere le sue ricerche, Burney visitò anche l’Italia, dove ebbe modo, oltre che di consultare antichi libri e manoscritti, di verificare di persona “The present state of music”, ovvero la condizione dell’arte musicale. Il diario di viaggio fu pubblicato nei primi anni Settanta del Settecento ed ebbe grande successo perché, a differenza delle numerose pubblicazioni appartenenti allo stesso genere letterario, si soffermava in modo specifico su esecuzioni musicali e colloqui con illustri musicisti, oltre che sulle più comuni descrizioni di monumenti, antichità e pitture. Laddove altri viaggiatori accennavano solo di sfuggita a suggestive serate all’opera, dichiarando però la loro incompetenza in fatto di musica, Burney ha lasciato le descrizioni musicali di un addetto ai lavori, offrendo testimonianze storiche affidabili e di grande valore. Non vi è luogo ove sia passato da cui egli non abbia saputo trarre un’osservazione, una notizia, un commento, con l’occhio sempre vigile, attento, pronto a cogliere tutto ciò che la vita musicale e civile in genere poteva offrire che fosse degno di essere riportato nel suo diario di viaggiatore dell’età dei Lumi. Realizzò in questo modo un quadro quanto mai vivo e variopinto degli usi e costumi dell’Italia del tempo, sia nelle sue più umili manifestazioni, sia nella vita raffinata ed elegante dei circoli aristocratici. Il suo diario è tra le fonti storiche più citate nella letteratura musicologica che si occupa del tardo Settecento.

Con l’aiuto di un attore volenteroso, della cantante e di un gruppo di strumentisti, nella messinscena il capocomico si industria per ridare vita alle figure essenziali che scandirono il Grand Tour e, più in generale, animarono la compiuta visione musicale di Burney: Händel e Porpora, Jommelli e Mozart, Farinelli e Porporino. Tutti tasselli di una vicenda appassionante che in Napoli trova il proprio centro emotivo e nella produzione vocale settecentesca la più pertinente delle colonne sonore. La ragione del suo viaggio, racconta Burney, ha origine nell’incontro con il grande Händel, che dà corpo all’idea. Dal buio che permea il palcoscenico emergono di volta in volta le fantasmagorie, i sogni e le mutevoli vestigia artistiche. Il racconto esalta gli splendori della Napoli illuminista, la sua musica, la sontuosità del teatro San Carlo, la luminosità delle sue incalcolabili candele, i virtuosismi dei castrati, gli episodi, finanche i dolci di Napoli.


Sulla scena sfilano personaggi come Padre Martini, Mozart, Cimarosa, la figura mesta di Farinelli e il suo duello con il Senesino, Porporino, il castrato raccontato da Dominique Fernandez nel suo romanzo di culto, “Porporino ovvero i misteri di Napoli”. Un mondo che riappare nell’immaginario del pubblico animando suoni, visioni e memorie raccontati dallo storiografo musicale, e dando forma al sogno artistico di chi consacra la propria vita all’arte. In nome di quel piacere estetico che un altro grande poeta e drammaturgo del Settecento, Pier Jacopo Martello, identificava nel «segreto importantissimo di separar l’anima da ogni umana cura per quello spazio almeno di tempo in cui le note possono trattenerla». È la fata Mab, shakespeariana fata delle nuvole, a condurre Burney a Napoli e nella sua grande musica, mentre il capocomico riflette sullo sforzo degli artisti, sulla loro incessante rincorsa alla bellezza, sul fervore creativo che genera arte e diventa magia già durante la composizione.      

«L’idea dello spettacolo – ha detto l’autrice Raffaella Ambrosinoè nata proprio leggendo il “Viaggio musicale in Italia” in cui Charles Burney racconta del suo incontro con Händel e della scintilla che lo spinse a compiere il viaggio a Napoli, dove scoprì il suo più grande piacere musicale. Più leggevo il libro e più immaginavo Mister Burney passeggiare per le strade di Napoli in cui io avrei voluto vivere, quella del secolo d’oro, cioè il diciottesimo secolo. Ho voluto fortemente un ensemble strumentale piccolo ma immensamente grande di qualità. Al primo incontro eravamo un po’ tesi ma di lì a poco siamo diventati un unico strumento, il sogno si è riempito di luce e io, su quel tappeto armonico scritto e suonato con grande maestria, ho potuto indossare il più bell’abito musicale per il mio Burney». 

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