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Brindisi: Ortopedia ospedale Perrino. Oltre 1.300 interventi in un anno

Sono stati 1.364 gli interventi chirurgici effettuati nel 2023 dall’Unità operativa complessa di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale Perrino di Brindisi, diretta da Gianfranco Corina. Di questi, 398 hanno riguardato l’impianto di protesi di anca, ginocchio e spalla; 287 sono state le osteosintesi per fratture del collo del femore e 70 quelle per fratture dell’omero; più di 100, invece, sono state le applicazioni di impianti fissatori esterni. 

“I risultati ottenuti – spiega Corina – sono il frutto di un grande lavoro di squadra, composta non solo dalla mia équipe, ma anche dagli anestesisti e da tutto il personale che garantisce efficienza e sicurezza della sala operatoria e del reparto, senza dimenticare la precisa organizzazione del blocco operatorio e del reparto di Ortopedia rispettivamente guidati dai coordinatori Paola De Biasi e Valerio Paletta. Senza il sapiente operato di tutta l’équipe nulla di tutto ciò sarebbe possibile”.

Tra gli interventi di chirurgia ortopedica eseguiti ce n’è uno di particolare rilevanza per complessità ed esito. “L’inizio di questo caso – spiega Corina – risale al giugno 2022 quando il paziente, all’epoca dei fatti 34enne, arrivò in ospedale in seguito a un incidente stradale con una frattura gravemente esposta della gamba. Abbiamo immediatamente stabilizzato l’arto con un fissatore esterno temporaneo, eseguendo contestualmente un’estesa bonifica dei tessuti compromessi dal trauma. Partendo da lì, abbiamo studiato la strada migliore da percorrere. Il paziente aveva riportato un’importante perdita di sostanza ossea tibiale di circa 16 centimetri. La soluzione più rapida sarebbe stata l’amputazione della gamba per permettere da subito l’utilizzo di una protesi. Invece abbiamo optato per la via più lunga e complessa, che consente un migliore impatto sulla qualità della vita: l’osteogenenesi per distrazione secondo la metodica Ilizarov, luminare russo dell’Ortopedia, che permette la rigenerazione ossea per un completo recupero dell’arto”.

Questa tecnica consiste nell’applicazione di un fissatore esterno circolare esapodalico, a cui segue un’osteotomia del moncone prossimale della tibia. Dopo un periodo di circa dieci giorni, necessario a stimolare la produzione del tessuto osseo, si prosegue con un continuo e progressivo allungamento del sistema di un millimetro al giorno, che permette la crescita di nuovo tessuto osseo “rigenerato”.

“La gestione domiciliare del fissatore – continua Corina – è affidata al paziente che deve seguire le istruzioni di un software dedicato impostato in reparto per effettuare in autonomia la regolazione micrometrica quotidiana del dispositivo”.

Il follow-up è stato costante: il paziente si è sottoposto a medicazioni in ambulatorio dedicato due volte a settimana e a controlli clinici e radiografici ogni 40 giorni per garantire la corretta prosecuzione del processo di trasporto osseo. Nei giorni scorsi è iniziata la fase che prevede la fisioterapia dopo un percorso durato un anno e mezzo circa.

“Questa tecnica – conclude il direttore – necessita di tempo e costanza per giungere alla guarigione. Ma dal 4 gennaio scorso, rimosso il fissatore e con un’adeguata fisioterapia, il paziente potrà tornare alla normale quotidianità con la sua ‘nuova’ gamba”.

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