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Ostuni: Il massacro dell’innocenza. Recensione di don Luca De Feo

L’opera teatrale Il massacro dell’innocenza è l’ultima fatica letteraria del dott. Franco Colizzi, già direttore del Centro di Salute Mentale di Brindisi e per sei anni presidente nazionale dell’Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau. Franco Colizzi si dichiara non credente, ma è uomo che ha letto e compreso gli evangeli forse più di tanti “praticanti”, li cita spesso con consapevolezza nel suo parlare, sempre aperto al dialogo e alla collaborazione con il mondo cattolico. In quest’opera lascia trasparire anche quanto fascino la persona e il messaggio umano di Gesù di Nazaret, chiamato nel dramma con l’aramaico Yeshua, abbiano esercitato su di lui.

Psichiatra e psicoterapeuta, Franco Colizzi approccia la figura di Gesù attraverso una chiave di lettura fornita dalla sua professione: si interroga sulle reazioni di Gesù, ormai adulto, nel momento in cui accerta che il re Erode aveva fatto massacrare tutti i neonati di Betlemme (Mt 2,13-18) per eliminare lui bambino, cercato quale re dei giudei da sapienti venuti dall’Oriente (Mt 2,2),

Nella presentazione pubblica del libro in Ostuni, l’estate scorsa, il prof. Nello Ciraci vi evidenziava vaste reminiscenze letterarie, soprattutto di ambito francese; don Angelo Ciccarese rilevava sia ampie memorie scritturistiche e interessanti riflessi teologici sia la sensibilità alla storia e alla cronaca quotidiana, contrassegno questa della lunga militanza politica di Franco Colizzi a fianco degli ultimi.

A mia volta vedo incontrarsinel lavoro di Franco Colizzi due generi letterari: il midrash ebraico e la tragedia greca classica.

Il midrash (letteralmente ricerca) era un’esegesi narrativa che in qualche modo anticipava il “vero storico” e il “vero poetico” manzoniani. Manzoni, almeno nella Lettera a Monsieur Chauvet, assegnava allo storico il compito di accertare i fatti in una serrata e  critica analisi di documenti e fonti di vario tipo; assegnava al poeta, già a conoscenza del “vero storico”, il compito di superarlo intercettando con l’intuizione poetica quanto non riferito dagli storici, sentimenti e passioni dei personaggi coinvolti. Nella stessa prospettiva la narrazione midrashica partiva dall’essenziale racconto della Scrittura (ad esempio “La legatura /o sacrificio/ di Isacco” – Gen 22,1-19) e, continuando a narrare (“Cosa fece Isacco discendendo dal monte?”), approfondiva dimensioni alle quali lo studioso di oggi giunge attraverso ricostruzioni storiche e analisi linguistiche. Anche Franco Colizzi parte dalla conoscenza dello scarno dato evangelico e delle fonti antiche, ma con intuizione poetica ricerca quanto non raccontato, custodendo tuttavia coerenza e fedeltà alle caratteristiche lì delineate dei personaggi.

Sviluppa la sua narrazione in forma di dramma (Manzoni, del resto, elabora la teoria del ”vero storico” e del  “vero poetico” nel pubblicare le tragedie) ispirandosi alla struttura della tragedia greca. Negli “episodi”(il termine è mio non di Colizzi) viene riassunto con tratti essenziali lo stare di Yeshuanelle vicende narrate, in confronto e dialogo con deuteragonisti e tritagonisti: Giuseppe, Giovanni il Battista, Maria, discepoli vari. Negli “stasimi” il coro – ora delle madri, ora dei bambini di Betlemme – guidato dalla corifea interviene ad universalizzare la “strage degli innocenti” nel “massacro dell’innocenza” evocando, sia nella storia passata sia nella cronaca di oggi, drammi e sofferenze dell’umanità già individuati dall’autore nelle didascalie, non semplici suggerimenti di regia ma parte integrante del dramma stesso.

Laicamente Franco Colizzi non accenna alla resurrezione di Cristo, ma la novità rigenerante dell’evangelo emerge nel finale in una sorta di parafrasi del Padre nostro, affidata alla “voce vibrante e commossa” della madre di Gesù:

Figli nostri /che siete in terra, /nati in passato /e che ancora dovete nascere, /siano santificate /le vostre vite, /venga il regno /della nuova innocenza, /sia compiuta la vostra volontà /di crescere nella gioia /e di vivere / senza abbandonarvi /alle tentazioni, /ma cercando insieme/ di liberarvi dal male/ amandovi l’un l’altro. /Amen.

Le parole di Maria si prolungano in una scena corale e silenziosa di palingenesi collettiva: adulti e bambini si incontrano per lavare il sangue “di altri bambini morti a terra e questi risorgono vestiti di bianche tuniche” mentre “gli adulti, ad uno ad uno si inginocchiano davanti ad ogni bambino e lo abbracciano strettamente con profonda commozione” e tutti “scambiano un segno di pace” in una “FINE (cioè INIZIO)”.

FRANCESCO COLIZZI, Il massacro dell’innocenza, Manni, San Cesario di Lecce, 2023, pp 94, € 16,00.

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