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Brindisi: Macchia – La crisi di Basell ennesima emergenza del territorio

Pretendiamo l’attenzione del governo per creare lavoro e sviluppo.

La crisi di Basell è l’ennesimo esempio che mette in luce la fragilità del sistema industriale ed economico del territorio, apre una nuova e drammatica vertenza che rischia non solo di rimanere circoscritta nell’ambito della stessa azienda, ma di rivelarsi come un effetto domino che potrebbe portare addirittura all’azzeramento di uno dei nostri pilastri economici: il mondo della chimica.

E’ triste tuttavia dover constatare che non solo che la classe dirigente e quella politica non siano stati ancora capaci di imparare dagli errori del passato, ma che siano totalmente incapaci di tracciare una azione prospettica che guardi al futuro con una progettualità che porti ad uno sviluppo ecosostenibile, armonico, capace di creare filiere produttive in più settori avviando un ciclo virtuoso di rinnovamento del tessuto industriale, del mantenimento e rafforzamento dei suoi pilastri, di connetterlo alla filiera del mondo della conoscenza, e di creare terreno fertile per favorire nuove iniziative che portassero alla creazione di lavoro buono, contrattualizzato e giustamente remunerato.

L’annunciata chiusura del P9T – cosa che ovviamente rispediamo al mittente – è la nuova cartina al tornasole di una serie di ingiustificabili fallimenti. L’ennesima punta di un iceberg dell’incapacità di progettare ed avere una visione del futuro, oltre che della totale assenza di una politica industriale da parte dei governi nazionali che si sono succeduti, l’attuale compreso. E’ perfettamente noto infatti, che ogni impianto industriale viva in funzione del mercato, ma che abbia anche necessità di investire per adeguare, migliorare e innovare la tecnologia. E’ possibile, quindi, avviare un piano industriale per rilanciarsi. La scusa della Basell relativa all’obsolescenza degli impianti è inaccettabile quanto emblematica. Ci si accorge oggi che gli impianti sono vecchi e che tra quattro mesi si deve chiudere? E perché in questi anni non si è investito nell’implementazione e l’adeguamento delle tecnologie (cosa che avrebbe portato a nuovo sviluppo e occupazione), lo sviluppo di nuovi mercati e alternative nel reperimento delle materie prime e dell’approvvigionamento energetico?

Dalla chimica all’energia il passo è breve, e anche qui drammatico, perché a Brindisi la decarbonizzazione – se qualcuno ancora non se ne è accorto – è già iniziata da un pezzo. Solo lo scorso luglio – ad un anno circa dalla sua approvazione -, tuttavia, abbiamo assistito all’insediamento del Comitato di coordinamento per la riconversione delle centrali a carbone di Brindisi e di Civitavecchia, ringraziamo per questo, ma è troppo poco. E si viaggia con troppa lentezza dal momento che non solo non si capisce quali e quanti siano i fondi da destinare a Brindisi, non è noto ancora se Brindisi sarà sede della gigafactury di Enel sul modello Catania, ma non sono nemmeno noti i tempi dello sblocco delle autorizzazioni richieste da Enel per i suoi numerosi progetti per la riconversione del sito.

In questi anni la Camera del lavoro ha sempre sollecitato progetti e investimenti per Brindisi, siamo stati spesso e volentieri i soli a denunciare uno stato di cose che avrebbe meritato sicuramente una maggiore coesione territoriale in tutte le sue declinazioni.

Abbiamo battuto i pugni per l’esclusione dai fondi del Just transition fund; così come per la perdita dell’investimento dell’Intel; o ancora del progetto Awhero (per la costruzione di un elicottero senza pilota che Leonardo ha voluto sviluppare su Pisa nel 2019); ci battiamo per lo sviluppo della Cittadella della ricerca, dell’Università e dell’economia della conoscenza; delle battaglie per la salute a cominciare dalla richiesta di posti letto in linea con la media regionale, dell’edilizia sanitaria, delle liste d’attesa ecc; dell’allarme sullo spopolamento di questo territorio e via discorrendo.

Ricordiamo sinteticamente alcune delle nostre proposte e i nostri Sì per la creazione di un polo delle energie rinnovabili; ricordiamo che siamo sta i primi a parlare di Hydrogenvalley; fotovoltaico eolico e delle creazione di filiere in connessione col mondo della ricerca e dell’Università; di comunità energetiche; di un porto che diventi la piattaforma logistica del Mediterraneo; di alta velocità e alta capacità; di bonifiche; di un nuovo welfare: asili nido, Università e formazione, della industria della cultura e della creatività, di tutta la partita relativa ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

La vicenda Basell, anche per le implicazioni che può avere a livello nazionale sull’industria chimica, deve necessariamente avere l’attenzione del governo nazionale e regionale. Così come deve averla la fase di decarbonizzazione. Brindisi non può più assistere ad effimere passerelle, l’impegno del governo deve essere concreto e immediato.

Da anni abbiamo lanciato l’allarme sullo Tsunami demografico in questa provincia, siamo la maglia nera di Puglia per il più alto tasso di cervelli in fuga con il -17,6% di giovani che tra i 17 e i 34 anni (-16.854 unità) hanno abbandonato Brindisi. E non solo solo i giovani a partire desertificando sempre di più questa provincia.

La Cgil di Brindisi si mobiliterà – già da domani essendo accanto ai lavoratori della Basell – per aprire una “Vertenza Brindisi”, richiamando forte l’attenzione di tutti i livelli istituzionali e politici del territorio per chiamare ad un impegno, concreto, tangibile e veloce per questo territorio, impedendo intanto la chiusura dell’impianto P9T di Basell che è fondamentale per il futuro della chimica del nostro territorio.

                            Antonio Macchia

                            Segretario Generale

                            Cgil Brindisi

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