Il 24 marzo ricorre l’anniversario dell’Eccidio delle Fosse Ardeatine, celebrato ogni anno con una manifestazione che si tiene nel luogo dove riposano i 335 martiri della strage nazista. La manifestazione vede la partecipazione del Presidente della Repubblica e delle massime cariche dello Stato. L’evento richiama – dal 24 marzo del 1949, data dell’inaugurazione del Sacrario – la presenza di tantissimi familiari e, per essi, uno dei momenti più toccanti della giornata coincide con la lettura da parte del presidente dell’Anfim (Associazione Nazionale Famiglie Italiane Martiri) dei nomi delle vittime: in un silenzio irreale, nello spazio a loro dedicato, i parenti attendono che giunga il momento in cui verrà pronunciato il nome del proprio congiunto e guardano le foto che scorrono sullo schermo con la commozione della prima volta e con un insopprimibile sentimento di indignazione. Ogni anno, in questa giornata, attorno ai familiari delle vittime si raccoglie una folla composta di cittadini che intende testimoniare il proprio legame con la storia e la cultura antifascista. La nostra scuola era lì il 24 marzo scorso, rappresentata da cinquanta studenti con i loro insegnanti, prima che, in questi ultimissimi giorni, il tema della Memoria tornasse di strettissima attualità grazie alle “sgrammaticate dichiarazioni” e a ripetuti rigurgiti di ciarpame nostalgico da parte di importanti pezzi dello Stato. Da molti anni, infatti, la Sezione Classico “Antonio Calamo” del Liceo “Pepe-Calamo” organizza per i propri ragazzi la partecipazione alla Manifestazione delle Fosse Ardeatine e la visita al Museo della Resistenza in quello stabile di via Tasso che durante la guerra divenne prima caserma delle SS e poi luogo di detenzione e tortura per centinaia di antifascisti. La partecipazione degli studenti è stata composta e rispettosa, emotivamente coinvolgente: qualcuno ha pianto al Museo di Via Tasso leggendo le scritte lasciate dai prigionieri sulle pareti delle celle. Insieme siamo entrati nella cella n.11, quella dove è stato tenuto prigioniero Antonio Ayroldi, il Maggiore dell’Esercito, ostunese, a cui è dedicata un’aula del Liceo e la sezione dell’Anpi della nostra città. Una volta fuori, abbiamo provato a dare una risposta alle loro domande: “..ma in quanti vivevano qui dentro? ” , “..cosa hanno pensato? , “…perché non hanno scelto di parlare ed avere salva la vita?”. Non è semplice leggere la storia con gli occhi di un ragazzo di 16 anni ed è sicuramente complesso il compito di noi docenti , ma è un compito che vale la pena assumersi; riteniamo di essere riusciti, anche attraverso la vicenda personale e l’esempio di Antonio Ayroldi, a fornire ai ragazzi una chiave di lettura di storie passate, utile per capire il valore delle parole e dei gesti nelle storie di oggi. Pertanto, vale la pena chiudere queste note riportando alcune delle considerazioni che i ragazzi hanno voluto condividere con noi docenti. Scrive, fra l’altro, una studentessa: “…l’elenco delle vittime pareva illimitato ed ogni nome portava con sé un dolore profondo: la storia taciuta di un uomo che non aveva permesso alla paura di renderlo schiavo… Per noi ragazzi è stato fondamentale poter partecipare alla cerimonia, così da impedire allo scorrere del tempo di anestetizzarci rispetto ad un sentimento di rabbia nei confronti di qualsiasi manifestazione di oppressione e violenza…”. O, ancora, le parole di uno studente: ”…il loro esempio, affinché non sia vano, non deve rimanere chiuso nelle stanze di un museo o nelle pagine di un libro, ma deve arrivare alle coscienze di tutti. A noi ragazzi quegli uomini hanno affidato il compito di lottare sempre per i nostri diritti e di creare un futuro migliore. Nella cella di isolamento un prigioniero aveva inciso queste parole: Non è finita, perché il mio spirito sempre vivrà. Parole… e sicuramente non solo parole.”
I docenti della Sezione Classico – Liceo “Pepe-Calamo” Isabella Ayroldi Pasqualina Bianco Alessandro Fiorella Maristella Greco Ignazio Tauro.
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