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Oria: Cercare l’unità – un impegno per tutto l’anno. La Diocesi di Oria vive la settimana Ecumenica.

La data tradizionale per la celebrazione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, nell’emisfero nord, va dal 18 al 25 gennaio, data proposta nel 1908 da padre Paul Wattson, perché compresa tra la festa della cattedra di san Pietro e quella della conversione di san Paolo; assume quindi un significato simbolico. Nell’emisfero sud, in cui gennaio è periodo di vacanza, le chiese celebrano la Settimana di preghiera in altre date, per esempio nel tempo di Pentecoste (come suggerito dal movimento Fede e Costituzione nel 1926), periodo altrettanto simbolico per l’unità della Chiesa.

Durante questa Settimana di preghiera per l’unità, cristiani di tutto il mondo, appartenenti a diverse tradizioni e confessioni si riuniscono spiritualmente per pregare per l’unità della Chiesa. Il sussidio di preghiera e la celebrazione ecumenica di quest’anno sono stati preparati dal Consiglio delle chiese del Medio Oriente. La scelta dei passi scritturistici e dei testi liturgici si ispira alla visita dei Magi al neonato Re, quale viene descritta nel Vangelo secondo Matteo 2, 1-12, in particolare al versetto 2: “In oriente abbiamo visto apparire la sua stella e siamo venuti qui per onorarlo”.

Per questa Settimana di preghiera, i cristiani del Medio Oriente hanno quindi scelto il tema della stella sorta ad oriente per più di un motivo. Mentre, in occidente, molti cristiani celebrano solennemente il Natale, per molti cristiani d’oriente, la più antica, e ancora la principale festa, è invece l’Epifania, ossia quando la salvezza di Dio, da Betlemme e dal Giordano, fu rivelata alle nazioni. Questa accentuazione della teofania, cioè della manifestazione è, in un certo senso, il tesoro che i cristiani del Medio Oriente possono offrire ai loro fratelli e sorelle in tutto il mondo.

I cristiani del Medio Oriente offrono questo materiale per la Settimana di preghiera per l’unità consapevoli che il mondo condivide molti dei loro stessi travagli e delle difficoltà da loro sperimentate e anela ad una luce che possa dissipare le tenebre sul cammino verso il Salvatore. La pandemia mondiale di COVID-19, la conseguente crisi economica e il fallimento delle strutture politiche, economiche e sociali che avrebbero dovuto proteggere i più deboli e vulnerabili, hanno evidenziato il desiderio profondo, a livello globale, che una luce brilli nell’oscurità. La stella che brillò in oriente, nel Medio Oriente, duemila anni fa ci chiama ancora verso la mangiatoia, dove Cristo nasce. Ci attira laddove lo Spirito di Dio è vivo e operante, e ci richiama alla realtà del nostro battesimo e alla conversione del cuore.

Secondo il Vangelo di Matteo (2, 1-12), la stella apparsa nel cielo della Giudea costituisce un segno di speranza lungamente atteso, che conduce i Magi e in essi, in realtà, tutti i popoli della terra, nel luogo in cui si manifesta il vero Re e Salvatore. La stella è un dono, un segno della presenza amorevole di Dio per tutta l’umanità. Per i Magi era il segno che era nato un re.

I Magi ci rivelano l’unità di tutti i popoli voluta da Dio. Viaggiano da paesi lontani e rappresentano culture diverse, eppure sono tutti spinti dal desiderio di vedere e di conoscere il Re appena nato; essi si radunano insieme nella grotta di Betlemme, per onorarlo e offrire i loro doni. I cristiani sono chiamati ad essere un segno nel mondo dell’unità che Egli desidera per il mondo. Sebbene appartenenti a culture, razze e lingue diverse, i cristiani condividono una comune ricerca di Cristo e un comune desiderio di adorarlo. La missione dei cristiani, dunque, è quella di essere un segno, come la stella, per guidare l’umanità assetata di Dio e condurla a Cristo, e per essere strumento di Dio per realizzare l’unità di tutte le genti.

All’atto di omaggio dei Magi appartiene anche l’apertura dei loro scrigni e l’offerta dei loro doni che, fin dal cristianesimo delle origini, sono stati compresi come segni dei diversi aspetti dell’identità di Cristo: oro per la sua regalità, incenso per la sua divinità e mirra che prefigura la sua morte. Tale diversità di doni, quindi, ci dà un’immagine della percezione particolare che le varie tradizioni cristiane hanno della persona e dell’operato di Gesù. Quando i cristiani si riuniscono e aprono i loro tesori e i loro cuori in omaggio a Cristo, si arricchiscono condividendo i doni di queste diverse prospettive.

La stella è sorta ad oriente (cfrMt 2, 2), è da lì che sorge il sole, ed è da quello che chiamiamo il Medio Oriente che è apparsa la salvezza per la bontà del nostro Dio, che ci ha benedetti poiché “ci verrà incontro dall’alto, come luce che sorge” (Lc 1, 78). La storia del Medio Oriente, però, era – e lo è fino ad oggi – marcata da conflitti e lotte, macchiata di sangue e oscurata da ingiustizia e oppressione. In tempi recenti, dalla Nakbapalestinese (cioè l’esodo della popolazione arabo-palestinese durante la guerra del 1948) la regione è stata teatro di una serie di guerre e rivoluzioni sanguinose e terra di estremismo religioso. Anche la storia dei Magi contiene molti elementi tenebrosi come, ad esempio, l’ordine dispotico di Erode di massacrare tutti i bambini al di sotto dei due anni a Betlemme e nei dintorni (cfrMt 2, 16-18). La crudezza di questi racconti risuona nella lunga storia, fino ad oggi, nel travagliato Medio Oriente.

Fu in Medio Oriente che la Parola di Dio mise radici e diede i suoi frutti: il trenta, il sessanta e il cento per cento. E fu da questo Oriente che gli apostoli partirono per predicare il Vangelo fino ai confini della terra (cfrAt 1, 8). Il Medio Oriente ha anche donato alla Chiesa migliaia di testimoni e di martiri cristiani. Eppure, oggi, l’esistenza stessa della piccola comunità cristiana è minacciata, giacché molti sono spinti a cercare altrove una vita più sicura e serena. In questi tempi difficili, la luce del cristianesimo in Medio Oriente è sempre più minacciata, proprio come lo fu il Bambino Gesù, che era la Luce.

Oggi più che mai, il Medio Oriente ha bisogno di una luce celeste che accompagni la sua gente. La stella di Betlemme è un segno che Dio cammina con il suo popolo, sente il suo dolore, ascolta il suo grido e si muove a compassione. La stella ci rassicura che, anche se le circostanze possono cambiare e disastri abbattersi su di noi, la fedeltà di Dio non viene meno. Il Signore “non dorme né riposa” (Sal121, 4), ma cammina accanto al suo popolo e lo custodisce quando si sente perso o è in pericolo. Il cammino della fede è procedere con Dio che veglia sempre sul suo popolo e lo guida per le difficili vie della storia e della vita.

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